terça-feira, 31 de março de 2020

Stile I (come arrivare ad avere STILE)



Si tratta ancora di una bozza!!!
ATTENZIONE!
DEVO CORREGGERE ALCUNI ERRORI

 sul tema dello STILE , perché Heglan Moura (assistente/ monitor) di letteratura italiana I me lo ha chiesto (!). Mi accorgo adesso che se si scrive sullo STILE, bisogna pensare a due cose: come su LEGGE e cos´e´lo stile.
Lo stile (se cercate su un dizionario, per es. Treccani) ha diverse possibilità di essere definito (Stile viene da stiletto che era un arnese che serviva per incidere le parole sulle tavolette di cera, prima dell´avvento della carta e prima della stampa). Ma, questa è la storia del termine. Un termine può essere spiegato tramite la sua etimologia e tramite la sua storia. 
Per me Stile è una questione essenziale, che riassume la nostra ESPERIENZA AUTENTICA, quando riusciamo a trasformarla in espressione (letteraria, artistica o musicale). 
LEGGERE è la nostra esperienza, un´esperienza di tutti i giorni, solo che molte volte un testo ha caratteristiche differenti. Ci sono testi da leggere e dimenticare o buttare via (per es. una ricetta di un farmaco, una notizia su un giornale). Sono testi COMUNICATIVI che servano a passare una certa informazione, senza molti scrupoli e senza molta attenzionen da parte del lettore. 
Attualmente, riceviamo una serie di testi, via Cellulare, computer. Si tratta di testi per lo più del primo grado: da leggere e buttare via. Oppure, da leggere e riconoscere se si tratta di testi appoggiati su elenmenti equilibrati, oppure quelle che chimaiamo FAKE NEWS. 
Ma ci sono i testi letterari e le espressioni artistiche. Quelle si riconoscono, perché il testo fa appello al lettore per non leggere solo "QUELLO CHE C´E APPARENTEMENTE SCRITTO, ma vedere sotto al testo, fra le parole, qualcosa di enigmatico (come dice Benjamin), oppure diversi strati di lettura possibile (come dice Dante). Questi ultimi testi hanno una caratteristica: ogni volta che si leggono trasmettono un qualcosa in più, perchpe incorporano il contesto del lettore, che cambia sempre. è per questo che si può rileggere la Bibbia (l´Antico Testamento, per es.) e trovarci delle cose che non erano state vistem, che possono arricchire il testo.  Certo, non sempre riusciamo a fare una lettura di questo tipo. Ma CI DOBBIAMO PROVARE. è solo a lettori che pensano che IL TESTO PUÓ PARLARE LORO DIRETTAMENTE è che il testo si apre a nuove possibilità. Voi potrete dire: ma questa è una pazzia! "Il testo parla direttamente??". Ma quandomai? Eppure, ve lo garantisco, anche se questa è un´impressione, una supposizione, un´ipotesi: il testo PUÓ PARLARE. E quando comincia a parlare, ci dice un sacco di cose.

Non é un testo "chiuso" e pronto, anche se ripenso alcune questioni che avevo già elaborato in passato.


1. Lo stile è l´uomo. Questa è un´affermazione di Buffon, uno scrittore barocco. La frase ha il suo fascino: perché noi, in fondo, tutti abbiamo uno stile. Uno stile, in questo senso, vuol dire una forma di presentarci (esteticamente, con la nostra gestualità, la nostra mimica, la nostra voce: nnon solo il timbro, che  non possiamo cambiare, ma l´altezza, il volume). 

In realtà, possiamo dire il contrario: lo stile non è"l´uomo" ma è una conquista, testo dopo testo, frammento dopo frammento


2. KAFKA (lo stile di K) “Forse esiste qualche altro modo di scrivere, ma io conosco soltanto questo: di notte, quando la paura non mi lascia dormire.” KAFKA


una frase che rimette a concetti complessi: angoscia (la paura/ di notte), la difficoltà.

3. NABOKOV (lo stile di N)  Per avere uno STILE nella scrittura, occorre sviluppare un´arte nella LETTURA.  Eppoi: leggere. Fare un riassunto (scrivere). Rileggere e rivedere il riassunto. Poi me lo potete mandare.
Dice lo scrittore russo NABOKOV: 


“Quando si legge, bisogna cogliere e accarezzare i particolari. Non c’è niente di male nel chiarore lunare della generalizzazione, se viene dopo che si sono amorevolmente colte le solari inezie del libro. Se si parte invece da una generalizzazione preconfezionata, si comincia dalla parte sbagliata e ci si allontana dal libro prima ancora di aver cominciato a capirlo”.
Lui dice: cogliere (e fin qui è normale): cogliere, individuare, focalizzare, individuare (usare dei sinonimi, a volte, è essenziale). Ma poi diceaccarezzare i particolari. Accarizzare si fa con un ente amato, con un´animale domestico, con un figlio, con qualcos acon la quale si stabilisce un legame affettivo. Infatti lui usa la parola affettivo , dopo aver usato una frase IORNICA (le solari inezie del libro). NABOKOV suggerisce (ed io sono particolarmente d´accordo) che non bisogna realizzare una generelaizzazione preconfezionata. 

4. BOCCACCIO Ma c´è chi vede la scrittura con più ottimismo: penso a Boccaccio (che ho citato varie volte). L´autore risiede in una città che è stata desolata dalla peste nera, quella del 1348. Ha perso dei parenti (non si sa se è rimasto in città oppure no).

5. Prendiamo UNO SCRITTORE CONTEMPORANEO ITALIANO:  Italo Calvino, per esempio:  https://ilmestierediscrivere.com/2011/12/05/italo-calvino-perche-scrivo/

Italo Calvino: perché scrivo




Scrivo perché non ero dotato per il commercio, non ero dotato per lo sport, non ero dotato per tante altre, ero un poco…, per usare una fase famosa [di Sartre], l’idiota della famiglia… Frase divertente. Scrivo per distrarmi, per riscattarmi, per farmi notare, per non far notare i difetti che ho.

In genere chi scrive è uno che, tra le tante cose che tenta di fare, vede che stare a tavolino e buttar fuori della roba che esce dalla sua testa e dalla sua penna è un modo per realizzarsi e per comunicare. Scrivere per comunicare, ma anche scrivere per riflettere,.organizzare le proprie idee. Per es. quanti di voi la mattina su guardano allo specchio? E cosa vedono? Tutti gli infiniti dettagli che vorremmo DIVERSI, che vorremmo CAMBIARE che vorremmo UGUALI AD ALTRI che pensiamo siano MOLTO migliori di noi.

Posso dire che scrivo per comunicare perché la scrittura è il modo in cui riesco a far passare delle cose attraverso di me, delle cose che magari vengono a me dalla cultura che mi circonda, dalla vita, dall’esperienza, dalla letteratura che mi ha preceduto, a cui do quel tanto di personale che hanno tutte le esperienze che passano attraverso una persona umana e poi tornano in circolazione. 

Dare il proprio 'TOCCO PERSONALE" (questo é stule) cercare di appropriarsi delle esperienze (le proprie) e dargli una forma, una veste, un abito. 

È per questo che scrivo. Per farmi strumento di qualcosa che è certamente più grande di me e che è il modo in cui gli uomini guardano, commentano, giudicano, esprimono il mondo: farlo passare attraverso di me e rimetterlo in circolazione. Questo è uno dei tanti modi con cui una civiltà, una cultura, una società vive assimilando esperienze e rimettendole in circolazione (1983). Rimettere in circolazione delle idee, delle esperienze. Beh, qui non sono tanto d´accordo. Esiste una tesi (che Umberto Eco aveva diffuso) secondo la quale non si riuscirà MAI a dire delle cose COMPLETAMENTE NUOVE, ma si puó provare a dirle in maniera un po´ diversa. No, non sono d´accordo (questo è il MIO stile!). Ognuno di noi ha una ESPERIENZA (per esempio dei sogni, delle sensazioni, degli odori che sente). Il vero problema dello stile è quello di trovare la forma ADEGUATA di esprimere queste sensazioni. Perché il nostro vicino, il nostro lettore, non vede attraverso i nostri occi, ma - leggendo il mondo con noi, tramite noi o tramite il nostro testo, può raccogliere un´esperienza in più. 

Scrivo perché sono insoddisfatto di quel che ho già scritto e vorrei in qualche modo correggerlo, completarlo, proporre un’alternativa. In questo senso non c’è stata una “prima volta” in cui mi sono messo a scrivere. Scrivere è sempre stato cercare di cancellare di già scritto e mettere al suo posto qualcosa che ancora non so se riuscirò a scrivere.Sí, quando si scrive (ma io non so farlo) la sensazione è che non si riescve. Una sensazone di insufficienza, di frustrazioe, di impossibilità. Perché scrivere, in fondo, è creare. Ma creare non è facile. è come creare un mondo. Come creare IL  mondo. 

Scrivo perché leggendo X (un X antico o contemporaneo) mi viene da pensare: “Ah, come mi piacerebbe scrivere come X! Peccato che ciò sia completamente al di là delle mie possibilità!”. Allora cerco di immaginarmi questa impresa impossibile, penso al libro che non scriverò mai ma che mi piacerebbe poter leggere, poter affiancare ad altri libri amati in uno scaffale ideale. Ed ecco che già qualche parola, qualche frase si presentano alla mia mente… Da quel momento in poi non sto più pensando a X, né ad alcun altro modello possibile. È a quel libro che penso, a quel libro che non è stato ancora scritto e che potrebbe essere il mio libro! Provo a scriverlo…Si scrive SEMPRE  a partire da un modello, da un testo, da uno scrittore che si conosce, che si ama, da qualcosa che si vorrebbe emulare. Forse, ma qui c´è di nuovo una piccola differenza. Noi tutti abbiamo una qualc he verità, piccola o grande, importante o apparentemente secondaria. Questa "verità" non è una "VERITÀ", MA È QUALCOSA CHE È VISTO TRAMITE LA NOSTRA OTTICA, LA NOSTRA PROSPETTIVA. Dobbiamo cercare di scrivere qualcosa cjhe serva a noi stessi. Perché se serve a noi, dimostra che la letteratura vale come CURA, come dicevamo sul Decameron.

Calvino in una caricatura di Tullio Pericoli

E qui, invvece3, sono pienamente d´accordo con Italo Calvino. Penso che noi, per imparare a scrivere, dobbiamo cominciare a scrivere su qualcosa di concreto. Un testo. una recensione, una scheda di lettura. 

 Scrivo per imparare qualcosa che non so. Non mi riferisco adesso all’arte della scrittura, ma al resto: a un qualche sapere o competenza specifica, oppure a quel sapere più generale che chiamano “esperienza della vita”. Non è il desiderio di insegnare ad altri ciò che so o credo di sapere che mi mette voglia di scrivere, ma al contrario la coscienza dolorosa della mia incompetenza. Il mio primo impulso sarebbe dunque di scrivere per fingere una competenza che non ho? Me per essere in grado di fingere, devo in qualche modo accumulare informazioni, nozioni, osservazioni, devo riuscire a immaginarmi il lento accumularsi dell’esperienza. E questo posso farlo solo nella pagina scritta, dove spero di catturare almeno qualche traccia d’un sapere o d’una saggezza che nella vita ho sfiorato appena e subito perso (1985). 


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