quinta-feira, 17 de junho de 2010

Il testo e la sua materialità

Il testo e la sua materialità 



Si tratta di un´ipotesi (più che una certezza): vedere il testo dal punto di vista della sua totale autonomia e indipendenza, senza tener conto del suo (supposto, possibile,. illusorio) rapporto con il "mondo" che sempre sembra voler rappresentare o che sempre ne farebbe il suo portavoce. Esiste apparentemente un legame fra "mondo" - la cui esistenza è intuitiva, percettiva, è qualcosa di evidente, immediato e la cui lettura ci spinge immediatamente sul registro del "letterale". Dall´altra parte sappiamo che esiste quell´altro oggetto il cui nome è testo, la cui lettura non è mai letterale (anche quando lo sembra) , poiché è sempre soggetta a interpretazione. Il rapporto fra questi due "enti" viene in genere affermato, considerato pacifico, solo perché il testo ha l´abitudine di parlare "del mondo", mentre "il mondo" non può essere rappresentato se non tramite il testo. La natura differente del mondo (un ente legato alla nostra sopravvivenza, alla vita quotidiana, a elementi che chiamiamo biologici, fisici...) e del testo sta nel problema interpretativo. Il testo presuppone un´interpretazione infinita, mentre per il mondo un´interpretazione che moltiplica le scelte e le alternative può portare anche a un rifiuto più o meno radicale (Paul de Man cita in Resistenza alla teoria a questo proposito una domanda fattagli, dopo aver guidato in Isvizzera per un certo numero di ore. Quante erano le decisioni da lui prese e al udire che erano state approssimatamente 1800 dichiara di aver smesso di guidare, spaventato!).
Dice Derrida a questo proposito: il n’y a pas de hors-texte. Come tradurlo?
Non c´è un fuori-testo. Affermazione (evidentemente) polisemica e pertanto difficile da tradurre. Il testo copre tutto lo scibile, è il nostro momndo. Cioè è il mondo di noi in quanto lettori (che non é il nostro mondo in quanto nuotatori, amanti, geografi, ecc.). Ma può significare anche che non c´è niente che si possa considerare (nel mondo, inteso come nostro mondo) al di fuori del testo (un bel racconto di fantascienza parlava di una nave perdutasi ai confini dello spazio e portata dalle onde del non tempo al di fuori dellúniverso. Dopo un certo periodo, però, recuperata dall´espansione dell´universo). Non c´è nient´altro al di fuori di me - testo può essere letto anche come: tutto il resto dei referenti e dei significati sono solo una nostra invenzione (o meglio: un´invenzione del testo!). In realtà (!) non esistono, cioé in quella "realtà" che è la realtà del mondo del testo, non esistono (se non come espressione del testo). Come sempre nella lettura occore pensare che hors-texte ricorda immediatamente hors-d´oeuvre, l´antipasto o meglio (visto il contesto), ciò che è al di fuori del pasto. Non è (di nuovo) importante il fatto semantico (se c´è un antipasto, il testo potrebbe esserne il rappresentante !), quanto l´ironia della scelta del neologismo. Che comunica anche una certa semplicità della proposizione. Quello di cui ci occupiamo è prodotto del testo, per dirla in parole semplici e chiare.
Vale l´idea che una scelta lessicale dislocata, non pertinente o impertinente usata da Derrida richiama alla necessità di fare "mente locale", di vedere gli elementi nella proposizione per la loro importanza, qui decisiva in sé. Il testo, dunque, acquisisce un´importanza decisiva, poiché le incrostazioni di addendi sociologici, storici o altro sono talmente insinuanti e cristallizzate, che pensare al testo nella sua autonomia e indipendenza è qualcosa di completamente nuovo e può rendere una lettura nuova e attenta a alcuni particolari, in precedenza difficili da ascoltare (anche perché in altre letture effettivamente non pertinenti)

Questa materialità si può vederla affermata nella tradizione ebraica (la sovranità assoluta del testo e l´impossibilità di una modificazione anche minuscola, chepermette, paradossalmente, un´interpretazione la più libera possibile: libera perché decontestualizzata, in principio). Materialità ribadita da Derrida (in Grammatologia e oltre), cioè contro l´essenzialismo platonico che rifiuta alla scrittura (Fedro) la sua vita "autonoma" (come può essere difesa una ipotesi, senza la presenza del suo autore: Platone Fedro, citazione a memoria). La decostruzione (Derrida) parte da questo presupposto, per indagare al di l´a della scrittura, sel senso (o dei sensi) elementi precedenti, che possano aver lasciato delle tracce nel testo.

vedere anche "La materialità del testo " in PONZIO , Augusto. testo come ipertesto e traduzione letteraria (Google books,) p. 31 par. 15

Dal mio punto di vista, questo approccio (materialità del testo, visione del testo) è allo stesso tempo una "verità assoluta" (un´eresia nella teoria) e un semplice strumento, per spremere dal testo tutte le informazioni e l´aura possibili, per poi aggiungere elementi e di senso "esterni" nella interpretazione del testo (elementi originati nella storia, intertestualità, sociologia...)
(dovrò continuare!)
Andrea 17-06-2010

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