terça-feira, 5 de maio de 2009

etica della lettura: due approcci opposti

Il percorso per arrivare al tema dell´etica nella lettura è contraddittorio e puó essere frutto di un approccio diametralmente opposto. Una prospettiva irriducibilmente conflittuale. Da un lato c´è una scelta che è personale e, pertanto, potenzialmente arbitraria. Una scelta, però, fondamentale, poiché si lega aalla propria identità e alla propria tradizione (il tutto sempre in movimento): con l´obiettivo di attribuire una logica alla propria storia e al proprio passato (quella parte del passato che è stato incluso nella memoria). In questo senso, pensare all´unicità del mostruoso evento del genocidio della Seconda Guerra Mondiale, non è un fatto obiettivo. Proviene da una prospettiva arbitraria e personale, appunto. Sicuramente esistono molti altri eventi traumatici e mostruosi, genocidi anche di maggiori proporzioni. Quello della Seconda Guerra Mondiale ai danni di oltre sei milioni di ebrei è uno dei tanti e, in un certo senso, forse non uno dei più cruenti, se è possibile pensare a una lista di dimensioni, delle ecatombiu avvenute nel passato più o meno recente. Quello degli indios delle Americhe (i popoli nativi) e quello delle popolazioni dell´Africa, senza dubbio, è di dimensioni ancora più catastrofiche, in un parametro (la catastrofe) che di per sé non ammette gradazioni. Ma nella mia tradizione personale esiste una richiesta di risposta sul genocidio e non posso evitare di dare una risposta. La mia formazione è legata alla riflessione della questione ebraica, prima in forma intuitiva poi più impegnata e infine dislocata su altri temi.
D´altra parte - e questa prospettiva è diametralmente opposta - l´etica della memoria non può non partire da una considerazione sul ruolo della scrittura, per vari motivi:
1. è la scrittura che "traduce" i miti orali in miti scritti (cioè "fermati" su "carta", pietra o pergamino). Dunque è nella scrittura che si devono ricercare le tracce della "traduzione", del passaggio non tanto di un´immagine o di un mito, ma del suo "dislocamento". I quattro principi che Freud usa nell´interpretazione dei sogni, e cioé condensazione, dislocamento, rappresentabilità e elaborazione secondaria o distorsione, quando richiama l´attenzione sulla sostanziale differenza del linguaggio tramite parole (e testo) e il "linguaggio delle immagini dei sogni", in realtà suggerisce un´attenzione ancora maggiore, alla forma di pensiero precedente la scrittura (oralità, legame con il contesto, ricchezza d´immagini) e la forma di pensiero successiva. Certamente, non potremo cercare di "ricostruire" ciò che è stato in precedenza, come la tradizione umana interpretava le cose all´epoca dell´oralità, ma possiamo allenarci a cogliere elementi diversi che in questo processo possono essere andati persi.
2. In questo senso, non possiamo non ammettere che la scrittura ha costituito dei modelli e dei miti poderosi, che si sono codificati per il semplice fatto che la scrittura crea il mito della durabilità (scripta manent). Resta il fatto che la permanenza delle cose scritte è frutto di una supposizione, visto quanto dipendono dall´interpretazione, che è sempre inizialmente orale. Avendo la scrittura questa facilità (cioè il creare nuovi miti e canonizzarli) è logico supporre che i miti (nuovi o reinterpretati) della scrittura si sovrappongono (si sono sovrapposti) ai miti precedenti e li hanno condizionati. Si tratta di una pura supposizione, che si basa sul potente aiuto alla memoria che la scrittura fornisce, quando la scrittura non inventa addirittura una memoria che altrimenti non esisterebbe (vedi il recupero di testi dei "classici" greci, dopo centinaia di anni della loro sparizione. Lo stesso fatto di stabilire una gerarchia, di chiamarli classici e di reinterpretarli, fa parte della prerogativa della scrittura.
3. Esaminare il problema della scrittura ha senso, nell´ipotesi di un´ etica della scrittura, a partire da una visione (soggettiva, individuale, arbitraria): nella nostra tradizione occidentale abbiamo fondamentalmente due miti della scrittura: quella del Fedro di Platone e quello della rivelazione del dio monoteista di Mosè nell´Esodo. Si tratta di due miti completamente differenti, presenti in maniera massiccia e mescolata in vari testi e letture. Esaminare altre tradizioni (la scrittura dei fenici, degli egiziani, dei cinesi o degli indiani) può condurre a ipotesi molto interessanti, ma che sono generiche, perché non legate a un contesto specifico e al nostro approccio individuale. Una Mathesis singularis, come la suggeriva Roland Barthes, una scienza del singolo elemento è frutto di una ipotesi: che ogni sistema rivela molto di più della sua struttura, se lo si esamina da una prospettiva individuale e particolare. L´ipotesi di Platone (che Derrida esamina approfonditamente nella sua Grammatologia) attribuisce un valore neghativo alla scrittura. ma si tratta di un mito paradossalmente nuovo di zecca, che Platone ha creato, cozzando contro la tradizione greca, che attribuiva l´invenzione della scrittura a Mercurio. Una creazione di Platone singolare, che certamente è in sintonia con la sua visione sulla funzione dei poeti (creatori di parole). Su questo ci sono ottimi libri di Havelock.
4. L´ipotesi, dunque, è che quello che per Platone è qualcosa di negativo (crisi della Repubblica greca), per Mosé (o il personaggio che Mosè rappresenta) è positivo - si tratta di una tesi difesa da Michael Walzer e da altri. Una scrittura al servizio di una trasformazione, personale (di Mosè, probabilmente, da egiziano sconfitto a leader ebraico) e collettivo (per permettere a un popolo di trovare il suo futuro, la sua terra promessa).
5. Etica della lettura, dunque, come prodotto di uno sguardo sulla nostra tradizione, per cercare di rileggerla, facendo leva su questo nodo, comprensibile nella sua mostruosità, del genocidio. L´appoggio nel periodo che precede La Guerra Mondiale pressoché unanime al genocidio (non solo nella cultura tedesca) ma in quella europea e mondiale (tranne rare eccezioni) si potrebbe spiegare, nell´ottica dell´etica della lettura, come condensazione dell´odio nei confronti del diverso (perché avanguardistico, perché ribelle, perché messianico, perché creativo)in un odio a una tradizione che difendeva (e difende) come cosa essenziale la libertà dell´interpretazione. Una specie di lotta contro l´anarchia, insomma, tenendo conto che quella tradizione (la ebraica), essendo nel passato non legata a stati e autorità istituzionali, poteva permettersi dei rappresentanti più liberi o, se vogliamo prendere lo chassidismo come prototipo, una tradizione sempre in lotta contro se stessa.
Andrea Lombardi

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