Vogliamo leggere anche i bestseller / Vogliamo leggere tutto !
A proposito dell´invettiva di
Pietro Citati contro la lettura dei bestseller (O tempora o mores !)
Pietro
Citati è um critico di un´antica generazione (è nato nel 1930). Prolifico,
elegante, finíssimo. Da ricordarsi (la memória è debole) l´armonia del mondo, Kafka
(due che ho letto) e molti molti altri. Dunque, una critica (che ha tutto il
sapore di un´invettiva) che viene da questo pulpito deve essere letta, pensata
e analizzata. Riflettuta assai. Certo è che, essendo di fatto portavoce di una generazione
precedente, viene anche il dubbio che il suo ”O tempora o mores” sia legato a una visione generazionale...
Anni fa, a
San Paolo (Brasile) Edoardo Sanguineti lanciava una delle sue implacabili battute
(ed era a casa nostra). “Non si è mai prodotta tanta poesia come al giorno
d´oggi”, diceva il vivacíssimo critico. Un paradosso, quello, che contrappone l´ideale
della produzione (una vera idiozia), con il consumo che, nel caso della
letteratura è certamente um problema di qualità (di lettura) e non kg di peso
della carta. Allarmato, Citati afferma:
Anche i numeri stanno calando. Negli
ultimi mesi le vendite dei libri — sia delle clamorose novità sia del lento
catalogo — sono discese di circa il 12 per cento rispetto agli anni precedenti:
così mi dicono.
Siamo
bombardati da notizie che vengono dallle nostre economie che “crescono”, quando
si vendono il 5% o il 13 % in più di automobili e “sono in crisi”, quando l´aumento delle vendite scende al 3%, o giù di li. Il problema
certamente non sta nelle vendite (o non solo nelle vendite) dei libri. Il
problema sta nel livelli di lettura e si nasconde su un altro piano: quello dell´intensità,
riferimenti (intertestuali), apertura in rapporto al carattere infinito delle
letture possibili. Forse il problema sta
nel rapporto con quello che siamo abituati a chiamare i classici (e su cui
Italo Calvino ha scritto um divertente elzeviro sull´Espresso: “Perché leggere
i classici”).
Il problema
non è, a mio avviso, lo stabilire che leggere i classici è un bene e
leggere un bestseller è un male. In fondo, Boccaccio, con il suo Decameron a suo tempo, era certamente um
bestseller (se a ritroso si può usare questa categoria). Ed anche Dante lo era
(tutti lo sapevano a memoria, anche se lo storpiavano).
Oggi, è
evidente, la letteratura non gode di quel prestigio che le arrideva nel sec. XX
o prima. L´intellettuale umanista è tollerato, è relegato a insegnare in
conventi sconosciuti al grande pubblico, chiamati Università (l´idea non è mia,
ma dell´amico Raul Mordenti nel suo ottimo L´altra
critica). Il patto implicito è che l´intellettuale, rinchiuso nella
prigione dorata, non può e non deve interferire negli affari della società , Può
sì teorizzare, ma senza passare alla
pratica (la XIa tesi di Marx su Feuerbach lo suggeriva: “Fin´ora gli
intellettuali si sono limitati a interpretare il mondo. E giunta l´ora di
cambiarlo”).
Da sinistra: l’americano Dan Brown (1964), padre del «Codice da Vinci»; Giorgio Faletti (1950), autore di numerosi bestseller italiani a partire da «Io uccido»; il brasiliano Paulo Coelho (1947), diventato celebre in tutto il mondo con il romanzo «L’alchimista» del 1988
Da sinistra: l’americano Dan Brown (1964), padre del «Codice da Vinci»; Giorgio Faletti (1950), autore di numerosi bestseller italiani a partire da «Io uccido»; il brasiliano Paulo Coelho (1947), diventato celebre in tutto il mondo con il romanzo «L’alchimista» del 1988
No. Leggere
i classici, non cambierebbe questo stato di cose. Occorre vedere come leggerli. Perché uma lettura
pedissequa, tradizionale, scialba e sottomessa alla tradizione può produrre
solamente dei Funes (da Funes El memorioso di Borges, il
malcapitato che ricordava assolutamente tutto e com cio non riusciva a pensare
e ad agire), può riprodurre dei lettori
sottomessi e, quindi, a loro volta: scialbi.
Leggere
suppone uma etica della lettura
, cioè un´arte del leggere, in cui il lettore
fronteggia il testo, per trovare un´apertura nuova e produttiva: secondo i
dettami della critica stilistica (di Spitzer e Contini), o secondo quanto
afferma Harold Bloom. Il lettore, cercando il varco, la fessura d´entrata nella
macchina del testo, dovrà prima esploderlo, ridurlo a frammenti, per poi ricostruirlo,
secondo un altro piano, un´altra strategia.
Tra il testo
e l´interpretazione nuova del lettore si apre un conflitto (come afferma Bloom
nella sua Angoscia dell´influenza) in
cui – aggiungerei – il lettore afferma la sua interpretazione perché pervalga e
permetta una nuova lettura, produttiva e pertinente. Questa scelta – del lettore
– è una scelta difficile, complessa: ed è uma scelta di liberta. Per questo un´etica
della lettura.
Condivido, in
ogni caso, il giudizio sottinteso di Pietro Citati su Paulo Coelho, perché proprio
per un esercizio di lettura (gli studenti della mia università lo leggevano,
era stato innalzato a membro della prestigiosa Accademia brasiliana di Lettere)
avevo preso, mi pare, il suo l´alchimista.
E nella mia lettura trovavo che Coelho usava fondamentalmente tre ingredienti:
1. La
lunghezza dei suoi capitoli era della durata di una fermata di metropolitana (per
facilitare uma lettura “di corsa”
2. A volte
ci sono delle citazioni anche interessanti (la cui ricerca su Google è grátis e
rápida), com cui invogliare il lettore
curioso, alla stregua di un oroscopo o una
filosofia a buon mercato e
3. Una mistica
molto al di sotto della pur tênue Madame Blavatski, che però poeti anche famosi
infatuava. Una mistica che sembrava il frutto di un patto con l´Osservatore romano o qualche Istituzione
come l´Opus dei (mi ricordo che
questo era um fenomeno che si poteva attribuire anche a Susanna Tamaro, allora
mia amica), con facilita di divulgazione in università e Istituzioni varie...
Al di la di questi tre elementi, non vedevo nella scrittura di Paolo Coelho niente
di considerevole (il tema del viaggio è scontato, l´ascensione, ecc.).
Ciononostante, suggerisco una difesa della scrittura, qualsiasi cosa essa sia,
anche leggera, leggerissima ... Non ci piace a tutti anche la musica leggera, cioè
d´intrattenimento? C´è qualcuno di noi
che non ha mai letto della letteratura “leggera”? Personalmente sono un fan della fantascienza,
su cui Tarkovski, per es. si è ispirato per dirigere Solaris e Stalker, tra
gli altri..
Dan Brown e
Giorgio Faletti, non ho avuto la fortuna di leggerli. E non mi esprimo. Mentre
su Le nozze di Cadmo e Armonia avrei
qualcosa da ridire, cioè: si tratta di un testo ultraerudito, ma che non arriva
a una densità letteraria autonoma.
Poiché
letteratura non è saper usare un linguaggio forbito, far riferimento ai
classici, sapersi muovere fra riferimenti intertestuali e intersemiotici.
Letteratura è scrivere, in principio, qualcosa originato da un´esperienza autentica
(non necessariamente vera, verosimile). Autentica da acutofr, l´autore, com forza
autorale. Un´esperienza come quella del mondo
dei sogni (autobiografico) rappresentato da Sigmund Freud (quel grande
romanziere!). Sono convinto che si possa parlare di letteratura, quando un´esperienza originale è rappresentata in maniera originale. Non è
possibile avere uno stile del tutto tradizionale, e voler rappresentare qualcosa di completamente
originale.
Ma la
discussione è positiva. Meglio discutere che non discutere. Così com `è meglio
leggere che non leggere ! Dice Citati: “ Oggi la lettura tende a diventare
una specie di orgia” Potremmo concludere – molto provvisoriamente - che,
pur rispettanto Citati e la sua generazione, non tutti condividerebbero la
condanna delle orgie: da Petronio al Decameron,
da Sade a molti altri...